Tra le voci che compaiono in busta paga può capitare di trovare il contributo FAP, una sigla che spesso genera dubbi perché non è immediatamente riconducibile a una trattenuta “classica” come IRPEF o contributi INPS. Capire di cosa si tratta aiuta a leggere la busta paga con maggiore consapevolezza e a sapere perché una parte della retribuzione viene destinata a questo fondo.

Il contributo FAP è legato al sistema previdenziale e ha una funzione ben precisa, anche se non sempre viene spiegata in modo chiaro al lavoratore.

Che cos’è il contributo FAP

FAP è l’acronimo di Fondo di Assistenza Previdenziale. Si tratta di un contributo destinato a un fondo che ha lo scopo di sostenere specifiche prestazioni di carattere previdenziale o assistenziale, in base al settore lavorativo e al contratto collettivo applicato.

Il contributo FAP è obbligatorio e viene trattenuto direttamente in busta paga.

Questo, quindi, compare in busta paga perché rappresenta una quota della retribuzione che viene accantonata per finalità previdenziali o di supporto al lavoratore. La sua presenza dipende da diversi fattori:

  • dal contratto collettivo nazionale applicato;
  • dal settore di appartenenza dell’azienda;
  • dall’eventuale adesione a fondi o casse specifiche previste dalla normativa o dalla contrattazione.

In pratica, non tutti i lavoratori lo trovano in busta paga, ma solo quelli per cui il contratto lo prevede espressamente.

A cosa serve

La funzione principale del contributo FAP è quella di finanziare prestazioni di tutela e assistenza legate al lavoro e alla previdenza. A seconda del fondo di riferimento, le risorse raccolte possono essere utilizzate per:

  • integrazioni o supporti economici in particolari situazioni;
  • prestazioni assistenziali legate al lavoro;
  • iniziative di sostegno previste dal fondo stesso.

È importante chiarire che il contributo FAP non incide direttamente sulla pensione come i contributi previdenziali obbligatori INPS, ma rientra in un sistema parallelo di tutele previsto per alcune categorie di lavoratori.

Chi paga il contributo FAP

Il contributo può essere:

  • a carico del datore di lavoro, senza alcuna trattenuta sullo stipendio netto;
  • ripartito tra azienda e lavoratore, con una piccola quota visibile come trattenuta;
  • interamente a carico del lavoratore, in casi più rari e sempre regolati dal contratto.

La percentuale e la modalità di versamento sono stabilite dal contratto collettivo e non possono essere modificate arbitrariamente.

È possibile non pagarlo?

Se il contributo FAP è previsto dal contratto, non è possibile rinunciarvi individualmente. Non si tratta di una scelta del singolo lavoratore, ma di un obbligo contrattuale.
Solo un cambiamento del contratto collettivo o della normativa di riferimento può modificarne l’applicazione.

Anche se l’importo è spesso contenuto, fa parte del sistema di protezione previsto per il lavoratore e non va considerato come una voce “misteriosa” o inutile.

Quando il contributo FAP diventa rilevante per il lavoratore

Il contributo FAP passa spesso inosservato finché non si verifica una situazione concreta in cui il fondo entra in gioco. È in questi casi che diventa utile sapere se esiste, a quale fondo è collegato e quali prestazioni prevede. Ad esempio, durante cambi di contratto, passaggi di livello, periodi di sospensione dal lavoro o verifiche contributive, la presenza del FAP può incidere sui diritti accessori o sulle tutele previste dal settore. Conoscere questa voce in anticipo evita di scoprirla solo a posteriori, quando serve ricostruire la propria posizione o chiarire cosa spetta e cosa no.

 

Il contributo FAP in busta paga è una trattenuta o un versamento previsto da alcuni contratti collettivi, destinato a fondi di assistenza o previdenza integrativa. Non è una tassa, non è una penalizzazione sullo stipendio e non è facoltativo quando previsto. È una componente del sistema di tutele collegato al lavoro, che compare in busta paga per garantire trasparenza nei versamenti.