Quando due coniugi si separano definitivamente tramite divorzio, uno dei due può essere chiamato a riconoscere all’altro un contributo economico che prende il nome di assegno divorzile: vediamo di seguito di cosa si tratta e come funziona.

Cos’è l’assegno divorzile

Detto anche assegno di divorzio, l’assegno divorzile rappresenta una delle principali conseguenze patrimoniali del divorzio (che, è bene ricordarlo, è un istituto diverso dalla semplice separazione). Anche per questo non va confuso con l’assegno di mantenimento, che spetta ad uno dei due coniugi – qualora si verifichino le condizioni previste dalla legge – dopo la separazione personale ma prima del divorzio.

Dal punto di vista pratico, l’assegno di divorzio, come si legge sul sito specializzato Avvocato Accanto, è un contributo economico elargito in forma periodica o continuativa, da un coniuge all’altro; tale contributo può essere corrisposto sia a seguito del provvedimento del Tribunale sia su iniziativa volontaria di una delle parti. Circa la determinazione dell’ammontare dell’assegno, è necessario citare la cosiddetta “sentenza Grilli”, che ha accentuato la differenza tra assegno di mantenimento e di divorzio, in quanto ha escluso che il secondo debba consentire al coniuge che lo recepisce di mantenere il medesimo tenore di vita di cui godeva durante il regime di unione matrimoniale. Se così fosse, hanno osservato i giudici, si ripristinerebbe il rapporto coniugale “in una indebita prospettiva, per così dire, di “ultrattività” del vincolo matrimoniale”.

L’assegno divorzile spetta sempre e comunque all’ex coniuge avente diritto, in quanto si tratta di un credito imprescrittibile, irrinunciabile e indisponibile che resta tale fin quando il coniuge che ne beneficia non contrae nuove nozze oppure la controparte non vada incontro a morte o fallimento.

Quali sono i criteri di assegnazione dell’assegno

L’assegno divorzile viene generalmente riconosciuto all’ex coniuge la cui situazione economica sia meno solida rispetto alla controparte; il contributo può rappresentare sia un impegno volontario sia un obbligo stabilito dall’autorità giudiziaria. Nel primo caso, le parti raggiungono un accordo che soddisfi entrambi, sulla base di valutazioni personali; nel secondo, invece, spetta ad un giudice prendere in esame le condizioni economiche e finanziarie dei coniugi per valutare la solidità dei rispettivi mezzi di sostentamento.

In tal senso, la legge di riferimento (n. 898/1970) impone al giudice di tenere conto dei fattori che potrebbero impedire all’ex coniuge di mantenersi in maniera indipendente, come ad esempio le precarie condizioni di salute oppure le difficoltà di collocarsi all’interno del mercato del lavoro. Con il tempo, tale riferimento normativo non è risultato essere più adeguato a quantificare in maniera congruente l’importo dell’assegno divorzile ed è subentrata la giurisprudenza di merito. La sentenza n. 11504/2017, emessa dalla Corte di Cassazione, ha stabilito che la quantificazione dell’importo del contributo economico rappresentato dall’assegno divorzile deve basarsi su quattro parametri, ovvero la titolarità di una qualsiasi forma di reddito, il possesso di un qualsiasi tipo di bene mobile o immobile, capacità lavorative e professionali e la disponibilità di una casa. Il criterio del tenore di vita, accantonato dopo la celebre “sentenza Grilli”, resta comunque un parametro di riferimento per quanto riguarda il contributo assistenziale ai figli.

L’assegno divorzile può essere richiesto in qualsiasi momento successivo al passaggio in giudicato della sentenza di divorzio; il contributo stabilito può essere pagato non solo in denaro, ma anche in altre forme e il beneficiario può richiedere il pagamento della somma (fino ad un importo pari alla metà) direttamente al datore di lavoro dell’ex coniuge obbligato.

È opinione diffusa che l’assegno divorzile possa essere regolato dai cosiddetti ‘patti matrimoniali’; in realtà non è così, in quanto l’ordinamento italiano non ne riconosce la validità. Gli accordi inerenti al divorzio possono essere stipulati solo contestualmente e prevedono anche la possibilità che l’assegno divorzile venga pagato in un’unica soluzione (assegno una tantum).