Alcuni oggetti sono in grado più di altri di catturare la nostra attenzione, anche se non ne comprendiamo bene il meccanismo o lo scopo di funzionamento. Uno tra questi è sicuramente il pendolo di Newton, uno strumento che a volte si trova nelle sale di qualche museo dedicato alle scienze o nei laboratori scolastici. In altre occasioni, invece, il pendolo viene impiegato come un soprammobile, magari sulla scrivania di un ufficio o sulle mensole di casa.

Già, ma a cosa serve esattamente e perché è stato ideato? Andiamo a scoprirlo insieme con questo articolo!

Uno strumento scientifico

A metà del ‘600, i principi fisici che regolano il processo dell’urto elastico non erano ancora stati compiutamente né definitivamente enunciati. Le leggi della dinamica, almeno per come le conosciamo noi oggi, erano ancora di là da venire!

Ecco allora che uno scienziato, Robert Hooke, ideò uno strumento con tre sfere, finalizzato proprio a comprendere le cause che ne regolavano il movimento e l’attrito. All’epoca si parlava di un oscillatore armonico. Siamo nel 1666, e la funzione di questo strumento era compiere degli esperimenti che potessero colpire e stimolare le fervide menti dei soci della Royal Society, l’accademia di cui l’insigne studioso britannico faceva parte.

I lettori più attenti staranno ora pensando a un errore o a un refuso: se abbiamo sempre parlato di Pendolo di Newton, da dove salta fuori il nomedi Hooke?

Ebbene sì, lo studioso che per primo lavorò a questo meccanismo non fu il genio celebre per aver scoperto le leggi di gravità grazie a una mela.

disegno di newton sotto albero con mela

A Newton, però, spetta l’indubbio merito di aver recuperato quello strumento e di averlo rivisto e potenziato, ai fini di raggiungere il suo scopo scientifico. L’invenzione, infatti, in origine si presentava molto diversamente. Newton ne comprese però il potenziale e la rielaborò nella maniera che tutti conosciamo, e di cui ora andremo a spiegare in estrema sintesi il funzionamento.

Quel genio di Newton!

Isaac Newton ampliò il pendolo, dotandolo di cinque sfere uguali per massa e dimensione, tutte composte d’acciaio. Ciascuna di esse è appesa a due fili, che la tengono legata alla medesima traversa. Le cinque sfere sono posizionate esattamente sulla stessa linea orizzontale, e hanno possibilità di muoversi esclusivamente su un piano verticale, dunque dall’alto verso il basso. Qualora tali requisiti venissero meno, lo strumento diventerebbe inservibile.

Per azionare il meccanismo bisogna prendere la prima sfera (una tra le due più esterne) e sollevarla verso l’alto, per poi lasciarla cadere in direzione delle palle vicine. L’effetto sarà un urto immediato, che però non metterà tutte le palle in movimento, ma al contrario lascerà le tre centrali perfettamente immobili. Quella situata all’estremo opposto si solleverà alla medesima altezza della prima, non appena questa avrà arrestato la sua corsa.

Se invece si metteranno in movimento due palle, l’effetto sarà il rimbalzo verso l’alto delle due poste all’estremità opposta, con le stesse modalità; la sfera centrale, invece, anche in questo caso rimarrà perfettamente immobile.

I risultati dell’esperimento

Dall’osservazione empirica del fenomeno, dunque, possiamo dedurre che, alcune cose. Se le palle elastiche vengono azionate nel modo corretto e vengono colpite in posizione esattamente centrale, ciascuna di esse sfrutterà l’energia cinetica derivante dall’urto per mettere in movimento quella accanto a sé.

L’ultima, invece, adopererà tale spinta per slanciarsi verso l’alto. Quando questa ricadrà, naturalmente, genererà lo stesso identico meccanismo in direzione opposta: si ottiene così l’effetto del pendolo. Tale movimento, però, non sarà infinito: la forza d’attrito che l’aria esercita sulle sfere ne causa infatti, dopo un certo periodo di tempo, l’arresto.

Il pendolo ritorna così alla staticità di partenza, pronto ad essere nuovamente azionato.

Per ripetere l’esperimento a casa, è possibile ricreare un piccolo pendolo di Newton. Sarà interessante partire facendo ondeggiare una sola sfera, per poi aumentarne progressivamente il numero e osservare così da vicino gli effetti dell’energia meccanica. Tutto questo è possibile grazie  al semplice movimento di caduta dall’altro verso il basso riesce a imprimere alle palline metalliche.