La questione del Riscaldamento Globale è tornata prepotentemente nell’agenda politica grazie ad una ragazzina svedese, Greta Thunberg. Proprio lei, infatti, promuovendo un movimento giovanile di protesta contro la mancanza di decisioni politiche in grado di contrastarlo, ha riportato il tema all’attenzione dell’opinione pubblica.

Se più di una conferenza intergovernativa ha cercato, nel passato, di affrontare un tema così delicato, occorre comunque sottolineare la pratica mancanza di risultati concreti in tal senso.

Una mancanza dovuta soprattutto al fatto che alcuni Paesi, ormai da tempo, puntano su uno sviluppo in grado di contrastare la povertà, nonostante costi ambientali pesantissimi. Il modello di sviluppo che ne consegue rischia di avere ripercussioni gigantesche a livello climatico, proprio per la mancanza di un accordo globale in grado di assicurare tutti i contraenti.

In questo quadro, purtroppo, vengono sacrificate anche le considerazioni di chi, pure, dovrebbe avere voce in capitolo, ovvero gli scienziati. Le loro affermazioni, infatti, sono destinate troppo spesso a scontrarsi con un vero e proprio muro da parte della politica.

Riscaldamento Globale: la scienza è concorde sulle responsabilità

All’interno della comunità scientifica internazionale, i pareri sembrano essere assolutamente concordi: il Riscaldamento Globale è causato dall’essere umano.

A porre l’attenzione su questo è stato James Powell, geologo del National Science Board degli Stati Uniti, il quale ha esaminato oltre 11mila studi pubblicati nel corso dei primi sette mesi del 2019. Studi dai quali emerge il generale convincimento sull’incidenza delle attività umane sul cambiamento climatico in atto.

Un cambiamento simboleggiato dal dato relativo alle concentrazioni di anidride carbonica, che ha raggiunto le 407,8 parti per milione (ppm). Si tratta di un livello mai toccato prima, come ha ricordato l’Organizzazione Meteorologica Mondiale che ha aggiunto dal canto suo un altro dato: l’aumento nell’ordine del 43% dell’effetto di riscaldamento dei gas a effetto serra rispetto al dato riscontrato nel 1990. Un dato che continua peraltro ad aumentare.

Il rapporto che conferma il Riscaldamento Globale

Nel settembre del 2019 ha iniziato a circolare una lettera inviata da 500 scienziati a Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite. L’incipit di questa comunicazione era abbastanza eloquente: non c’è alcuna emergenza climatica.

Già il nome del primo firmatario della lettera, Guus Berkhout, avrebbe però dovuto mettere in guardia sui veri intenti di questa iniziativa. Si tratta infatti di un ex professore di geofisica presso la Delft University of Technology, che ha iniziato la sua carriera lavorando per la Shell. Una carriera che si è sviluppata negli anni su un presupposto ben preciso, lo stesso evidenziato dall’inizio della lettera inviata all’ONU.

Una tesi che, però, sembra abbastanza inconsistente. Perlomeno alla luce del rapporto “No evidence for globally coherent warm and cold periods over the preindustrial Common Era.” Si tratta di uno studio pubblicato alla fine dello scorso anno su Nature, il quale ha provveduto a smontare una delle tesi care a chi nega l’emergenza climatica, ovvero che già nel passato periodi freddi e caldi si siano avvicendati, tanto da non essere riconducibili all’attività umana.

A realizzare questo studio è stato un gruppo di lavoro guidato da Raphael Neukom, un professore dell’Università di Berna. La conclusione è stata molto netta: se è vero che nel passato ci sono stati periodi molto caldi o freddi, essi sono sempre stati limitati regionalmente, senza trasformarsi in eventi di carattere globale. Una differenza sostanziale con il Riscaldamento Globale di oggi che interessa il 98% della superficie mondiale.

La conclusione dello studio sembra non lasciare spazio al dubbio: il surriscaldamento in atto è dovuto ai gas serra, e non si tratterebbe quindi di sbalzi derivanti da eventi naturali o casuali.

Il Riscaldamento Globale “corre”

Non sembrano esserci dubbi sul fatto che a provocare il Riscaldamento Globale sia stato l’uomo e il suo modello di sviluppo dissennato.

Gli scienziati, però, affermano anche un’altra cosa che dovrebbe essere tenuta nel debito conto dalla politica: il mutamento climatico “corre”.

Basta in effetti dare una rapida occhiata al “Rapporto speciale sull’uso del suolo”, un documento pubblicato nel 2019 dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), per riuscire a comprendere il concetto. Proprio al suo interno è contenuto un avviso tale da spingere alla mobilitazione collettiva: l’umanità ha di fronte appena 11 anni per evitare che il mutamento climatico in atto abbia effetti disastrosi. Resta solo da capire, a questo punto, se i governi mondiali siano in grado di recepire tale avviso.